lunedì 27 aprile 2009

Il riposo


Tralasciato e lasciato in sordina, in vari siti che trattan di allenamento e quant'altro è il riposo. Ma cosa è il riposo? quanto tempo bisogna che passi tra un allenamento e l'altro? Il riposo è tutto il tempo che non mi alleno?
Queste sono le domande che molti fanno ai loto istruttori, e molti trascurano il riposo per paura di perder le proprie prestazioni, ma ironia della sorte è appunto senza il riposo che l'atleta perde pian piano la propria forma, e rischia il tanto temuto "sovrallenamento".

Il riposo è fondamentale, una volta che le fibre muscolari, a causa di uno sforzo preciso si "consumano", bisogna far si che queste abbiano il tempo di ricostruirsi prima di affrontar una nuova seduta. Come saprete la fibra muscolare dopo uno sforzo prolungato (dopo vari allenamenti) si ricostruisce ancora più forte di prima, di modo da adattarsi al lavoro.
Ma se fra un allenamento e l'altro intercorre troppo poco tempo i muscoli non avranno il tempo di ricostruirsi, e pian piano essi perderano forma, massa e tonicità, per non parlare della forza!
Al contrario se si lascia troppo tempo tra una seduta e l'altra i miglioramenti saranno molto ridotti, poichè il corpo perde la propria forma molto facilmente se si rimane troppo tempo a oziare!

Non voglio addentrarmi nello specifico del riposo poichè ritengo che ogni disciplina abbia dei tempi ben precisi, e ogniuno dovrebbe parlarne col proprio allenatore, istruttore oppure studiare studiare studiare!! Posso solo dirvi che il riposo è favorito da un sonno adeguato, da un alimentazione corretta e da un ritmo di vita normale (lo stress è il maggior nemico).

In conclusione possiamo dire che il riposo è parte integrante del nostro allenamento pochè è proprio in questo periodo di tempo che il corpo assimila i frutti del nostro sudore.

consiglio di legger questo articolo per aprofondire un pò:

www.albanesi.it/Arearossa/Articoli/190sonno.htm

sabato 25 aprile 2009

Libri e letteratura "marziale"



Di seguito vengon citati alcuni libri che consiglio di aquistare se anche voi appoggiate il tema del blog:

Samurai. Ascesa e declino di una grande casta di guerrieri(Libri)

Autore: Arena Leonardo V.
Editore: Mondadori
Genere: storia d'asia
Data pubbl.: 2003


- La via del samurai

Autore: Mishima Yukio
Editore: Bompiani
Genere: letterature straniere: testi
Data pubbl.: 2000

Il libro segreto dei samurai
Young Samurai. La via del guerriero

Young Samurai. La via del guerriero(Libri)

Autore: Bradford Chris
Editore: Mondadori
Genere: letteratura per ragazzi
Data pubbl.: 3 Mar 09

I segreti del Wingtsun Re-evolution
di Gutierrez Victor

Autore: Gutierrez Victor
Editore: Jute Sport
Genere: arti ricreative. spettacolo. sport

La perfezione del corpo. L'arte di esprimere al meglio il fisico e la mente

Autore: Lee Bruce
Editore: Mondadori
Genere: arti ricreative. spettacolo. sport
Data pubbl.: Oct 2007
Argomento: arti marziali

La preparazione fisica per gli sport di combattimento

Autore: Carrio Christophe
Editore: Calzetti Mariucci
Genere: arti ricreative. spettacolo. sport

La pace e il benessere. Idee sull'economia, la società, la morale. Testo greco a fronte

Autore: Giamblico
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Genere: letteratura greca e latina: testi
Data pubbl.: 2003
Data pubbl.: 2008

Da non dimenticare tutta la serie del Kung fu Shaolin del Maestro Huang Carlos Aguilar.


Questi sono solo un paio della miriade di libri che affrontano il tema, potete trovarne una vasta scelta su www.unilibro.it

Allenamento sulla velocità


Rapidità e velocità sono concetti che si possono definire "fratelli", ma hanno basi differenti; quando si parla di rapidità rapidità si fa riferimento alla capacità di reagire ad uno stimolo nel minor tempo possibile e/o di eseguire con la massima velocità movimenti di singoli segmenti corporei contro scarsa resistenza.

Velocità invece è un termine che interessa l'intera struttura corporea e far riferimento adesempio ad un percorso (spazio), superato nel minor tempo possibbile (tempo)

La rapidità può esser migliorata in funzione del sistema nervoso ed è legata solo in parte a fattori energetici. Ed è per questo che allenarla è veramente difficile, ed i risultati ottenuti sono di minima entità (all'incirca si può arrivare ad un miglioramento del 18- 20 %). Questo non vuol certo dire che l'allenamento della rapidità và trascurato, poichè essa è parte fondamentale nella vita di un lottatore

Gli allenamenti rivolti al miglioramento della rapidità variano per ogni disciplina dato che un ruolo fondamentale è ricoperto dall'esperienza motoria e dalle capacità tecniche dell'atleta. Il risultato di questo bagaglio di esperienze motorie è la cosiddetta capacità di anticipazione che consente all'atleta di intuire, per esempio, la traiettoria e la velocità dei un calcio o pugno in anticipo, un pò come prevedere la mossa dell'avversario!

La capacità di sprint è invece caratteristica comune a numerosi sport ed il suo allenamento ha una notevole influenza sulla performance.

Prendiamo a titolo esemplificativo una gara di sprint sui 100 metri: la prestazione dell’atleta si compone di tre fasi distinte: nella prima la velocità aumenta (fase di accelerazione 0-30 m circa) fino a raggiungere il suo valore massimo che verrà mantenuto soltanto per pochi secondi (fase di massima velocità 30-70m). Nel tratto finale si assiste invece ad una inesorabile diminuzione della velocità (fase di velocità decrescente 70-100m).
In allenamento la capacità di sprint viene allenata attraverso ripetute di 30-40 metri con partenza da fermo o da corsa lenta. In questo modo si stimola contemporaneamente anche il miglioramento della capacità di accelerazione. Questa prima fase dello sprint è quella maggiormente sensibile alla forza mentre dopo i venti metri la componente nervosa prende il sopravvento. Nella maggioranza degli sport la fase di accelerazione è particolarmente importante (calcio, rugby, basket ecc.).
Durante le ripetute sui trenta metri l’atleta dovrà impegnarsi al massimo, senza riserve. A seconda del grado di preparazione atletica andranno scelti schemi di allenamento diversi. Mentre la lunghezza delle ripetute (30-40 m) non deve subire variazioni significative, il numero di ripetizioni ed eventualmente di serie sarà influenzato dal livello prestativo, dall’anzianità di allenamento e dalle caratteristiche dell’atleta.
Per uno sportivo di medio alto livello l’allenamento della rapidità di sprint può essere così impostato: 2 serie da 6 ripetizioni sui 30 metri con recupero di due minuti tra le ripetizioni e quattro tra le serie.
Ovviamente le prove di velocità devono essere precedute da un adeguato riscaldamento (almeno 15-20 minuti) non solo per prevenire infortuni ma anche per garantire la massima prestazione in allenamento (la temperatura interna dell’organismo dev’essere superiore alla condizione di riposo per garantire la massima efficienza metabolica).
Nel calcio e negli altri giochi sportivi in cui è molto portante curare la fase di accelerazione si possono utilizzare varie tecniche di allenamento più o meno correlate al gesto atletico. Per esempio l’allenamento speciale dello sprint può essere eseguito palleggiando con la palla (basket) o portandola avanti con i piedi (calcio).
La capacità di accelerazione si allena generalmente coprendo distanze comprese tra i 10 ed i venti metri (l’aumento di velocità tra i venti ed i trenta metri è infatti molto basso). Per rendere l’allenamento più divertente si possono effettuare gare di sprint con un compagno iniziando la ripetuta con un paio di metri di svantaggio e cercando di raggiungerlo nei pochi metri a disposizione. Per rendere l'allenamento della velocità più idoneo al gesto atletico si possono anche inserire percorsi a zig zag, dribbling tra birilli, salti di ostacoli, cambi improvvisi di direzione o accelerazioni e decelerazioni di durata variabile alternate da brevi tratti di corsa lenta.

Allenamento della velocità


La rapidità pura è il parametro più importante nello sviluppo della velocità. Tuttavia occorre prestare attenzione anche all’allenamento della forza soprattutto per migliorare nella fase di accellerazione.

All'inizio di uno sprint è importante avere una buona forza esplosiva (forza max) che viene utilizzata nell’appoggio e nello scarico a terra della potenza muscolare (gioca un ruolo determinante nei primi metri in cui vi è un maggiore tempo di contatto del piede).

E' veramente importante avere un equilibrio nell'allenamento della velocità e quello della forza, poichè uno tende ad'annullare l'altro.

Il metodo a contrasto è stato ideato per risolvere tale problema. Esistono due diverse tipologie di lavoro: contro tra le serie in cui si alternano serie con carichi pesanti a serie con carichi più leggeri e contro nella serie in cui si alternano carichi pesanti a carichi leggeri nella stessa serie. Queste tipologie di esercizio servono per stimolare maggiormente il sistema neuro muscolare: il carico maggiore comporta un’esecuzione più lenta dell’esercizio mentre il carico minore stimola la velocità di esecuzione, in questo modo si possono conciliare l’allenamento della forza e quello della velocità.

Salto con la Corda Training


Uno dei migliori esercizi per il condizionamento degli arti inferiori (e uno dei più economici), per aumentare la propia coordinazione, equilibrio e resistenza è dicerto il salto con la corda. Molti ancora diffidano di questa pratica, quando invece è uno degli esercizi più completi che possano esistere. Inoltre è una vera e propria sfida, poichè anche se sebra apparentemente facile, il salto con la corda richiede pazienza, dedizione e volontà, e soprattutto un certo tempo per apprenderla. La migliore a mio parere è la corda in cuoio, con i pesi inseribili nelle maniglie.
Essa viene usata dai boxer di tutto il mondo e anche dai praticanti di Muay thai ed MMA. I risultati sono eclatanti; oltre ad esse un ottimo esercizio aerobico, questa pratica rende i polpacci esplosivi, in più, in sostituzione della corsa (dieci minuti di salto con la croda, ad un ritmo intenso, equivalgono a mezzora di corsa ad un ritmo medio) essa è uno dei migliori mettodi per perder massa grassa, che ti sia uno sportivo che debba competer in una categoria di peso, o semplicemente una persona che voglia migliorare il proprio "conditioning" generale.
Per iniziare 3 serie da 3 minuti al giorno 30 secondi di pausa sono più che sufficenti nell'integrazione al proprio allenamento, col tempo si può arrivare anche a mezzora di fila.



Bisogna ricordare di utilizzare sempre scarpe adatte (quelle da jogging vanno benissimo), di non saltare mai a piedi nudi, poichè può causare danni alle caviglie ed infine di tener schiena e collo sepre in verticale, senza guardare il basso ed infine tenere i gomiti il più possibili fermi, ruotando solo i polsi.

venerdì 24 aprile 2009

Quello in cui crediamo


La gente spesso non comprende “il perché” di quello che facciamo, criticando e insultando i nostri obiettivi e le nostre ambizioni, non conoscendone nemmeno i fondamenti, e i sacrifici che ogni giorno facciamo per rincorrere un nostro sogno.
È questa la sottile (si fa per dire) differenza che divide noi da loro. La gente comune al giorno d’oggi è devastata dalle immagini (tv, radio, pc) e dal messaggio d’ozio che queste ogni giorno inculcano nelle deboli e plasmabili menti della gente, facendo dimenticare la nostra natura. Per questo noi, che lottiamo ogni giorno per quello in cui crediamo, veniamo non capiti, molte volte fraintesi, e per questo isolati dalla massa.
Ma non bisogna farsi influenzare da quello che la gente pensa, e soprattutto dal parere che le persone hanno su di te e su quello che porti avanti. La strada che abbiamo scelto và percorsa da soli, nessuno può esser al nostro fianco, perché è una sfida che si svolge dentro di noi, qualcuno magari potrà indicarci una strada, ma siamo noi che dobbiamo percorrerla. Una volta lessi in un libro, di cui non ricordo l’autore scriver: “Io sono solo il dito che indica la luna. Tu quando ti volti verso quello che stò indicando non fisserai di certo il dito. Non avrebbe senso. Ma invece osserverai e ammirerai lo spettacolo che è la luna”.

Noi abbiamo un proprio percorso da seguire, non dobbiamo emulare ne accettar le limitazioni di nessuno, che questo sia un maestro, un insegnante, un capo ecc. Nei nostri sogni e passioni nessuno ci può fermare, per arrivare all’espressione del nostro io più profondo non dobbiamo far altro che liberarlo. Liberarlo da cosa? Dal pregiudizio, dall’ego e la prepotenza con cui noi tutti nasciamo, credendoci superiori di fronte alla natura. Entrare in contatto col mondo che ci circonda, dimenticando tutte le false certezze, e le illuse convinzioni che da secoli ci siamo fatti non è facile, ma nemmeno impossibile..

Condizionamento muscolare


Il condizionamento muscolare è la capacità di allenare i propri muscoli ad un grado di contrazione diversa da quella normale, ottenendo una migliore risposta neuromuscolare (tono), una migliore resistenza (endurance) ed un miglior stato nutrizionale (trofismo).

L'energia fornita per effettuare la contrazione muscolare può essere utilizzata contemporaneamente e a varie misure; i sistemi di apporto energetico sono di tre tipi: Aerobico, Anaerobico lattacido ed Anaerobico alattacido (vedi benefici della ginnastica).

Si può quindi affermare che la scelta energetica a cui viene sottoposto il muscolo dipende dall'entità del suo impegno muscolare. Questa sarà determinata dall'intensità e dal tempo di lavoro a cui si sottoporrà il muscolo (correre per lungo tempo, fare uno scatto di 100 Mt. oppure dare un calcio ad un pallone).

Dell'attività aerobica si è già parlato nel capitolo riferito alla ginnastica aerobica ed in breve non è altro che il lavoro muscolare in equilibrio tra consumo e reintegro delle sostanze energetiche. E' tipico di attività di lunga durata (maratona, ciclismo, sci di fondo etc.) ed è effettuato in presenza di ossigeno per la sintesi dei glicidi e degli acidi grassi.

Il sistema Anaerobico alattacido è molto intenso e può essere svolto per un brevissimo tempo (circa 8-10 secondi); viene utilizzato per sforzi massimali (sollevamento pesi) ed è legata al numero di accumulatori energetici già presenti all'interno della cellula muscolare (la creatinfosfato). Quest'energia di pronto utilizzo non ha bisogno di ossigeno e non produce acido lattico, quindi una volta esaurita, per continuare il lavoro, deve per forza richiedere l'aiuto di altri sistemi energetici quali l'Anaerobico lattacido.

L'Anaerobico lattacido è il sistema energetico di, medio-alta intensità che viene ad essere interessato nella maggior parte delle nostre azioni quotidiane; infatti la durata della sua azione si concentra in 45 secondi 1 minuto circa.
L'utilizzo di questo sistema energetico è evidenziato dalla produzione dell'acido lattico prodotto dalla scissione dei glicidi (glicolisi anaerobica) come elemento di scarto dell'energia prodotta in assenza di ossigeno.
Ne deriva quel senso di fatica e rallentamento della contrazione muscolare che in alcuni casi, quando la produzione è così alta, non viene smaltito dal fegato oppure convertito in acido piruvico e blocca letteralmente la contrazione muscolare provocando il cosiddetto crampo.

I principi dell'allenamento di condizionamento muscolare

L'allenamento di condizionamento muscolare si può dividere in due grandi famiglie:

* a carico naturale quando si utilizza un segmento corporeo (sollevare un braccio) o il proprio corpo (saltare, correre).
* con sovraccarico , quando viene utilizzato un corpo esterno (peso). Un esempio di sovraccarico naturale: dalla posizione di decubito laterale, sollevando un arto inferiore (abduzione) il carico è rappresentato dal peso dell'arto stesso; mentre, in una fase successiva, il lavoro viene definito con sovraccarico applicando una cavigliera.

Prima di iniziare il condizionamento muscolare, è necessario applicare alcuni principi fisiologici che il preparatore deve tenere ben presente affinché si verifichino gli adattamenti neurofisiologici che stiamo ricercando. Essi sono:

* la specificità;
* l'equilibrio muscolare;
* il principio del sovraccarico.

Specificità
Per specificità del movimento s'intende l'individuare un gruppo muscolare su cui lavorare e quindi isolarlo dall'insieme degli altri muscoli. Ciò significa ricercare quei movimenti il cui raggio d'azione possa applicare il carico solo su un gruppo muscolare specifico (ad esempio, per agire in modo specifico sulla porzione mediale del muscolo deltoide é sufficiente abdurre l'arto superiore in atteggiamento breve o semibreve sul piano frontale sino a 90°).
Durante l'esercizio si dovrà quindi fissare il punto di presa dell'articolazione ed isolare il muscolo scelto, mobilizzandolo in modo specifico.

Però, i combattenti dovrebbero concentrarsi su esercizi con pesi o a corpo libero, che influenzino il maggior nummero di regioni muscolari possibili, poichè in un combattimento, noi non adoperiamo un solo muscolo, ma TUTTO IL CORPO CONTEMPORANEAMENTE!

L'equilibrio muscolare

Il principio dell'equilibrio muscolare si basa sul bilanciare lo sforzo tra i muscoli agonisti ed antagonisti.
Il lavoro prodotto deve essere armonico e razionale tale da non avere una predominanza di tono muscolare di un gruppo rispetto all'altro. Tale lavoro permette di fissare le articolazioni in posizione corretta, rinforzando indirettamente la postura.
Variando il punto di applicazione del carico sui gruppi muscolari flessori ed estensori, secondo la "Legge dell'alternanza", si permette un momentaneo riposo attivo che rende più efficiente la risposta alla successiva sollecitazione.

Il principio del sovraccarico
La definizione del principio del sovraccarico, dice che: - "occorre aggiungere una resistenza affinché l'azione motoria (uno stimolo) superi la soglia di stimolo, in modo che possano instaurarsi i processi di adattamento degli organi implicati" (D. Harre, - Teoria dell'allenamento, S.S.S. - Roma).
Come abbiamo prima descritto, il sovraccarico può essere naturale, con il proprio corpo, o con l'aiuto di un peso. In entrambi i casi si esercita una resistenza contro il muscolo che viene indotto a reagire. Quando si applicano dei sovraccarichi, bisogna tener presente alcuni principi fondamentali per evitare l'insorgenza di traumi, soprattutto a tendini e legamenti, che innescano facilmente processi infiammatori.
Mentre le cellule muscolari si adattano velocemente a minori o maggiori segnali di tensione provenienti dal sistema nervoso, i tendini e i legamenti, per sopportare adeguatamente e stabilmente un carico, debbono far leva solo sulla struttura dei loro tessuti, e non sui meccanismi nervosi e quindi è necessario attendere che avvengano le necessarie modificazioni biologiche per sopportare nuovi e più elevate tensioni. Ne consegue che bisogna sostare su un determinato carico, un certo numero di giorni (almeno 10-15) prima di aumentarlo, anche se la muscolatura sarebbe in grado di farlo, al fine di dar tempo anche a tendini e legamenti di adattarvisi.
Insomma, il carico deve crescere non linearmente, ma "a scalino". Uno schema possibile potrebbe essere questo, per ogni esercizio: iniziare con un peso che permetta l'esecuzione di otto ripetizioni; sempre con lo stesso peso, dopo alcuni giorni, passare a 10 ripetizioni, quindi a 12. Solo a questo punto, ossia dopo circa 2-3 settimane, secondo il soggetto, il peso viene aumentato, tornando però ad eseguire otto ripetizioni per serie.
Nel periodo in cui il peso è rimasto costante, i tendini hanno potuto sviluppare un normale adattamento. Spesso invece, erroneamente, si tende ad affrettare i tempi aumentando il carico per accrescere rapidamente la capacità di forza e la massa muscolare, ma le conseguenze sui legamenti non tarderanno a farsi sentire.

giovedì 23 aprile 2009

Potenza Muscolare



Uno dei più accaniti e fanatici di questo argomento non era altro che Bruce Lee il quale sosteneva che un vero combattente non era considerato tale dalla grandezza dei suoi muscoli, ma da quanto questi era capace a sfruttarli!

E per migliorare la propria potenza muscolare, non è sufficente allenare unicamente i muscoli interessati, ma ANCHE IL SISTEMA NERVOSO, di modo che questo consenta il movimento ad un maggior numero di fibre, con il minimo sforzo e il massimo risultato.

").

Quando deve affrontare una situazione che non gli è famigliare l'atleta tende a mobilitare eccessivamente le forze muscolari, a compiere uno sforzo superiore al necessario. E' mancanza di <> da parte del sistema riflesso neuromuscolare, deputato alla coordinazione.

E' potente non l'atleta forte, ma quello che sa usare la forza con rapidità. Poiché la potenza è il prodotto della forza per la velocità, accresce la propria potenza l'atleta che impara ad eseguire i movimenti rapidamente, anche se la capacità contrattile dei suoi muscoli rimane immutata. Perciò un l'atleta di bassa statura capace di assestare calci e pugni con rapidità può colpire la con la stessa efficienza di un atleta più alto e nerboruto che si muove più lentamente.

Per raggiungere una buona forma l'atleta che si fa muscoli allenandosi coi pesi deve migliorare contemporaneamente la velocità e la flessibilità. Velocità, flessibilità e resistenza nel tempo unite alla forza possono assicurare ottimi risultati nella maggior parte delle discipline. L'atleta privo di queste qualità, che si affida unicamente alla propria forza, è simile al toro che insegue il matador senza successo nonostante la sua poderosa forza, assomiglia a un autocarro che da la caccia ad un coniglio."

Tratto dal libro"Il Jeet Kune Do. Il libro segreto di Bruce Lee"

Solo la forza muscolare non basta, per essere dei veri esperti di arti marziali è importante la velocità. La potenza derivante da ogni tecnica si accumula con la velocità e controllandola si può raggiungere la massima forza d'impatto, il Kime, colpo esplosivo, applicando una tecnica con la massima potenza il più velocemente possibile.

Scientificamente è stato provato che un ottimo karateka può colpire di pugno con una velocità di 13 metri al secondo, sviluppando una potenza d'urto di 700 Kg.

Con un adeguato allenamento di attacchi improvvisi ed inaspettatti, si può incrementare la potenza e la velocità, conoscendo bene l'applicazione e la dinamica dei vari movimenti, si migliorerà e si giungerà ad abbreviare il tempo di reazione.

ALLENAMENTO DELLA POTENZA


L'allenamento al SACCO

Esistono vari tipi di sacco, pesanti e leggeri ed esistono vari metodi d'allenamento al sacco che variano a secondo dello scopo del programma prefissato.
Esempi;
A) sviluppo della potenza.
B) sviluppo della velocità.
C) sviluppo dei vari tipi di resistenza.
D) condizionamento osseo e muscolare.
E) altro.
Qualsiasi allenamento al sacco va fatto con determinati principi tecnici ed impegno.
Il neo atleta o l'inesperto non dovrà mai allenarsi da solo al sacco, per evitare traumi accidentali causati dalla negligenza e inesperienza.

Il sacco Lungo



Un'eccezione è invece rappresentata dall'utilizzo di un sacco allungato (definito da alcuni "Banana Bag") solitamente del peso di 50 kg. che trova attualmente un uso esteso anche nella Muay Thai per la possibilità che fornisce di combinare colpi portati in linea alta (alla testa), in linea mediana (al tronco) ed in linea bassa (alle gambe), permettendo all'atleta di sviluppare la potenza dei colpi ed al contempo di condizionare tibie e ginocchia, preparandole ai duri impatti che dovranno subire nel corso di combattimenti.
Attraverso l'utilizzo di questi attrezzi specifici, si può arrivare ad apprendere come far intervenire l'intera massa corporea in ogni colpo scagliato, si sviluppa esplosività, resistenza muscolare e cardiovascolare elevatissima, si condizionano in maniera eccelsa le armi naturali quali tibie, gomiti, ginocchia, avambracci e pugni.

Il sacco pesante



Allenamento dei pugni al sacco Nessun combattente che si voglia definirsi tale può prescindere dall'allenamento dei pugni al sacco pesante.
La potenza dei colpi di braccia necessaria a produrre dei rapidi fuori combattimento sul ring o sulla strada si acquisisce in massima parte grazie ad un regolare ed intenso allenamento al sacco pesante da pugilato, intendendo con questo termine un attrezzo corto e del peso variabile tra i 30 e i 40 kg.
Le routines di lavoro che possono essere utilizzate sono moltissime ma, in linea generale, si distinguono gli allenamenti a seconda della finalità che l'atleta vuole perseguire: self defence, combattimento sportivo, fitness.
In tal senso varierà l'intensità del lavoro, la durata degli intervalli, l'uso di varie parti della mano e del braccio per colpire, le protezioni utilizzate per l'allenamento (bende, guantini ecc.).
Ma se si vorrà apprendere la più perfetta tecnica di tirare pugni, l'atleta dovrà praticare l'insegnamento tecnico del pugilato puro del metodo STEVE KLAUS e non versioni annacquate di tecniche di pugno presenti in altri stili di lotta o sport da combattimento da ring.


Il sacco è un ottimo attrezzo per sviluppare potenza, ma non bisogna comunque esagerare con il suo utilizzo, poichè l'eccesivo allenamento al sacco porta inevitabilmente ad un calo della velocità.

Il Makiwara




Il Makiwara è un attrezzo comunemente impiegato sin dall'antichità nell'istruzione delle arti marziali, anche per l'addestramento delle forze armate dell'Estremo Oriente.

Sostanzialmente, è composto da una solida tavola di faggio laminato o da un sostegno verticale posto all'altezza del torace e saldamente infisso nel terreno. La sommità del sostegno è di solito avvolta con corde. Durante l'addestramento, rappresenta la superficie da colpire con pugni e calci per allenare gli arti al combattimento e sviluppare anche potenza e velocità nelle tecniche di attacco.

Il valore fondamentale del makiwara risiede nel fatto che esso insegna all'allievo ad attaccare con forza e nello stesso tempo a ritrarre rapidamente il pugno o la gamba, prima che la spinta si ritorno del sostegno possa danneggiarlo in qualche modo.

È un addestramento utile, in quanto insegna a non allungare troppo in fuori un arto, che altrimenti potrebbe essere afferrato o colpito dal suo avversario.

Kettlebell Training


I Kettlebell fanno parte degli strumenti più semplici e completi in assoluto. Hanno origini antichissime e grazie alla loro forma, possono essere applicati per diversi obiettivi, quali potenza, esplosività, velocità e resistenza.

Quanto segue è stato tratto dal Sito italiano dei Kettlebell, o voluto proporlo perchè ritengo riassuma a pieno la storia e le capacità di questo geniale strumento.

"Articolo tratto da www.kettlebellitalia.com"

"Il Kettlebell, conosciuto anche come Girya, ha conosciuto la massima notorietà verso la fine del 1800, grazie alla nascita ed allo sviluppo della Cultura Fisica, ed alla crescente notorietà di vari strongmen e lottatori del tempo, che si esibivano nei music-hall di allora. In verità, possiamo trovare attrezzi similari anche in alcune iscrizioni dell’antico egitto, ed in Cina, da oltre 2000 anni, i monaci Shaolin utilizzano delle giare rinforzate e riempite di sabbia per particolari esercizi di tonificazione muscolare. Da sempre questo attrezzo stabilisce la sostanziale differenza tra il semplice sportivo ed il serio praticante: sollevare il kettlebell richiede forza, abilità, destrezza, capacità di presa, coordinazione, stabilizzazione del baricentro rispetto al carico e questo grazie al fatto che il peso è perfettamente decentrato rispetto all’impugnatura. I grandi atleti e sollevatori del passato si sono misurati in gare di sollevamento del kettlebell, non tanto nella forza massimale, ma, soprattutto, nel maggior numero di ripetizioni effettuate con kettlebells di varia pezzatura (A.Saxon si fece addirittura fare 2 kettlebell da 45kg, che chiamava, affettuosamente, i suoi “Bulldogs”…) "


Come scritto i Kettlebell sono uno strumento efficente e versatile, in grado di sviluppare diverse capacità contemporaneamente, cancellando (o meglio disintegrando) i nostri punti deboli, e migliorando le prestazioni.

"Una particolarità del Kettlebell training, comparato al normale allenamento con i pesi, è l’impostazione di ogni movimento in preciso rispetto al proprio baricentro, e secondo un altrettanto preciso allineamento corporeo. Mentre nelle arti marziali, il baricentro viene lasciato libero ed utilizzato nel migliore dei modi per colpire od atterrare, in qualsiasi attività di sollevamento pesi, il baricentro viene bloccato, quasi impietrito, al fine di poter sollevare il massimo carico. Nel kettlebell training generale, e soprattutto nel Girewoy, avendo a che fare con una resistenza decentrata, il baricentro deve essere particolarmente fluido, con la capacità di poterlo posizionare e riposizionare a seconda della necessità di forza da applicare e della lunghezza delle leve necessarie.
In tutto questo entra in gioco il secondo fattore più importante: l’allineamento corporeo, ovvero la capacità di allineare il baricentro e tutte le nostre forze nella “linea di utilizzo” più semplice ed efficace. È un azione comparabile allo sferrare un jab alla mascella, al dare un calcio circolare, al tirare l’avversario per atterrarlo. Ed è un principio che nell’allenamento con i pesi, a causa della filosofia culturistica settoriale, manca completamente.

È vero che nel sollevamento pesi classico, per lo strappo e lo slancio, questo necessario allineamento corporeo è quasi solo bidimensionale, e quindi non particolarmente curato, ma sollevare in slancio una Gyria da 32kg. richiede un’allineamento completamente diverso, ed un posizionamento del bacino molto, molto preciso..inutile dire che, un’alzata di questo tipo, soprattutto unilaterale, è tutt’altro che facile, ma è appunto tramite la coesione di diversi fattori, quali esplosività, coordinazione, posizionamento del baricentro ed il relativo allineamento corporeo, che riusciamo ad applicare nella giusta maniera la nostra forza."



KETTLEBELL TRAINING

Al fine di cominciare un serio programma di kettlebell training, è necessario acquisire, con calma e pazienza, i pochi ma precisi fondamenti di questa pratica. Allenarsi con le girye significa imporre al proprio fisico un tipo di stress completamente e profondamente nuovo. Quindi, senza paura e senza vergogna, anche il più forte powerlifter, sollevatore o bodybuilder, dovrà partire…dal peso più leggiero. Non mi vergogno assolutamente nel dichiarare che un allenamento ben eseguito, anche con una girya di soli 16kg, può schiantare chiunque. Ho visto lottatori, pugili e anche qualche campione di powerlifting sbiancare letteralmente e cominciare a tremare verso la ventesima ripetizione, ma ho visto anche altri stringere i denti, aumentare la concentrazione e, dominando la sofferenza, arrivare fino alla trentacinquesima ed oltre. Quindi…calma, sangue freddo, e.. una girya leggera, per cominciare.

Swing
Brett Jones, oltre che uno dei primi Senior RKC Instructor del mondo (Russian Kettlebell Challenge, l’unica scuola internazionalmente riconosciuta di kettlebell training) è anche uno dei più ambiti consulenti nelle preparazioni atletiche di importanti squadre di football americano (Florida Gators, Minnesota Vikings, Huston Oilers) e di basket (Jazz, Knicks, Spurs). Nell’ultimo colloquio avuto appunto con gli strength coach degli Oilers, all’ennesima richiesta di consigliare almeno 3 esercizi da eseguire per conseguire la massima potenza, Brett ha risposto, con la massima serietà :”…per primo direi lo Swing, seguito dallo Swing, e completato dallo Swing!”. La sua personale filosofia d’allenamento identifica in questo esercizio la massima espressione di forza e potenza, sia per la necessaria espressione di forza concentrica, sia, soprattutto per la capacità di “ri-direzionamento” della forza dalla fase eccentrica di nuovo alla concentrica. Non esiste niente di più difficile, se ci pensate bene, che assorbire la spinta di un carico in velocità e riuscire a ridirezionarla imprimendole pari velocità. È come giocare con un pendolo, ma con la variante del carico. Per eseguire un buon swing a 2 mani, è necessario innanzi tutto impostare una posizione corporea che permetta di acquisire stabilità e coordinazione. Lo “stance” classico è quello a piedi alla larghezza delle spalle o poco più larghi, con i piedi fermamente piantati a terra e il peso corporeo sui talloni. Quindi, e qui consiglio di posizionare all’inizio del movimento la girya ben dietro le caviglie, bisogna staccare l’attrezzo dal pavimento e direzionarlo in oscillazione frontale con la sola forza delle gambe e del movimento del bacino. La schiena va mantenuta eretta e le spalle all’indietro a “scapole chiuse”, le braccia devono esclusivamente “seguire” il movimento della girya, che nelle prime oscillazioni deve arrivare al massimo a 45% dalla linea orizzontale, e solo acquisendo coordinazione e capacità di ri-direzionare il peso, quando ritorna in mezzo alle ginocchia, potremo via via alzare l’angolatura.
La perfetta esecuzione vuole che il kettlebell arrivi sino all’altezza appena sopra la testa, ma è utile fare prima un’attenta pratica.



Turkish Get up

Steve Maxwell, una cintura nera di brasilian jujitsu, nonché detentore sino al 2003 del titolo mondiale di categoria, ha codificato questo che ritengo uno degli esercizi più completi, ma anche più complessi.
Il get-up si esegue alzandosi appunto da una posizione supina a terra, mantenendo alzato e ben eretto il braccio con il kettlebell. Fin qui, niente di complicato, almeno sembra…ma la complessità sta proprio nel mantenere l’equilibrio e coordinare i punti d’appoggio via via che ci si alza e si torna poi alla posizione iniziale. La sequenza classica consiste nel puntare il tallone della parte caricata, quindi appoggiandosi prima sul gomito e poi sulla mano opposti, raddizzare il busto, quindi effettuare il “cambio gamba” e cominciare a salire come in un “lunge”, MA SEMPRE TENENDO LO SGUARDO SUL PESO SOPRA LA TESTA. Una volta raggiunta la posizione in piedi, invertire semplicemente il movimento e ritornare sdraiati a terra. Se sembra facile, consiglio di effettuare una serie da 10 ripetizioni non stop, …e poi di riarrotolarsi la lingua in bocca.



Queste sono solamente due tipologie di esercizio che potrete integrare nei vostri allenamenti per migliorare tono muscolare, coordinazione, reatività, potenza e resistenza. L'allenamento con i Kettlebell non è difficile, ma come in ogni cosa, se si vuole raggiunger un vero risultato vi è bisogno di PASSIONE e COSTANZA!

L'allenamento per la forza (generale)



Il titolo non è da fraintenderE come succede spesso, con l'allenamento con i pesi. Quest' ultimo copre solamente una minima parte dei diversi tipi di allenamento che possono esser impiegati, per sviluppar la forza, ed in ogni caso non è assolutamente da accomunare all'allenamento di un bodybuilder.

Ma questo non basta, perchè non cè solo un tipo di forza che interessa un lottatore, ma moltecipli, ad esempio la potenza, statica ecc.

Qui sotto ho voluto riassumer in breve i diversi tipi di forsa, che un combattente dovrebbe curare:

LA FORZA di RESISTENZA:

E' la capacità dell'organismo di opporsi ala fatica di lunga durata.

IL carico e la velocità mantengono valori intermedi e costanti per un lungo tempo. Ma questo tipo di forza, per esser sviluppato al meglio, dovrà esser integrato con un allenamento mirato per il sistema cardiocircolatorio.
E' normalmente il primo passo per giovani e principianti nel mondo dell'allenamento della forza.

LA FORZA MASSIMA:

E' la forza più elevata che il sistema neuromuscolare è in grado di esprimere con una contrazione volontaria. Cioè la capacità di poter sollevare un intenso carico per un tempo relativamente breve (es. una ripetizione)

Prevale la componente carico a scapito della velocità.

E' necessario che venga eseguita dopo un periodo di adattamento attraverso sedute di forza resistente e di perfezionamento del gesto tecnico specifico.

Con criteri di progressività può essere introdotta comunque nella programmazione dei giovani di età compresa fra i 13 ed i 15 anni.

LA FORZA VELOCE:

E' la capacità del sistema neuromuscolare di superare delle resistenze con elevata capacità di contrazione.

Prevale la componente velocità man mano che il peso diminuisce.

In stretta relazione con la forza massima ( direttamente proporzionale ), può venir introdotta già all'età di 12-13 anni.

L'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO:

Senza fare riferimenti specifici a tabelle, serie, ripetizioni e recuperi, è necessario dire che, dopo un periodo di adattamento e di perfezionamento del gesto tecnico specifico degli esercizi con sovraccarichi e macchine, si debba passare ad un allenamento della forza Massima e Veloce.

Per quanto riguarda l’allenamento della forza Massima, risulta necessario ricercare quegli stimoli neuromuscolari che solo carichi submassimali possono dare ( 80 – 95 % del massimale ). Il lavoro viene fatto a stazioni, l’obiettivo sarà quello di sviluppare sia la coordinazione intramuscolare (numero di fibre che si riesce ad attivare , sia intermuscolare ( capacità di far intervenire i muscoli sinergici). Il recupero dovrà essere sufficientemente lungo da permettere un ripristino quasi completo delle qualità muscolari per la serie successiva ( 3’ e più ). Questo tipo di lavoro è indicato per i distretti muscolari più grossi ( pettorali, dorsali, quadricipite femorale ecc. ) mentre per i muscoli più piccoli ed isolati (tricipite, bicipite, adduttori, ecc.) è consigliato rimanere su carichi del 75-80% del massimale. Si dovrà arrivare in ogni serie programmata fino a "stanchezza" o "esaurimento" ricercando una fase eccentrica lenta e controllata, accelerando sensibilmente nella fase concentrica.

Un discorso a parte merita la muscolatura fissatoria ( addominali e lombari ). Essa, non deve sopportare grossi carichi e nemmeno violenti cambi di velocità, ma deve garantire stabilità al "telaio" e grossa resistenza. Per questo, e per un discorso legato alla sicurezza, prima di ogni seduta in palestra, è opportuno lavorare questa muscolatura con carichi inferiori al 70% del massimale.

La necessità di effettuare spinte con elevata capacità di contrazione, ci porta a dover allenare anche la forza Veloce. Lo sviluppo della forza Massima di cui abbiamo parlato, garantisce un incremento anche nelle capacità di espressione della forza veloce. Il carico in sedute del genere è relativamente basso ( 40-60% del massimale ) la velocità di esecuzione della fase concentrica soprattutto è massima , il recupero piuttosto lungo (3’ e più) ed il numero delle ripetizioni piuttosto basso e comunque l’esercizio ha termine quando la velocità d’esecuzione decade.

L’analisi tecnica porta anche a comprendere che il caricamento e la successiva spinta, sfruttano la forza Elastica. L’azione eccentrica di prestiramento (vedi apertura della caviglia) e la rapidissima inversione del movimento per azione concentrica, sfrutta l’energia immagazzinata dal muscolo (elastica) superando di gran lunga quella sviluppata nelle contrazioni concentriche.

E’ comunque un tipo di allenamento delicato e da usare con cautela per evitare traumi muscolo-tendinei ed articolari. Questa metodica in oltre necessita ( come del resto la forza massima e la forza veloce) di freschezza muscolare e dovrà essere inserita in periodi diversi da quelli di carico molto elevato.

martedì 21 aprile 2009

Allenamento sulla resistenza


Quando dei contrastare un aggressore, e spesso sono più di uno, per riuscire a sopravvivere, è necessaria una buona preparazione che comprende diverse conoscenze. Una di queste, e la prima, è un ottima conoscenza tecnica. Oltre a questa, si rendono necessarie anche delle qualità atletiche come la forza, la resistenza, tempismo e velocità.

La resistenza non è altro che la capacità di mantenere uno sforzo più o meno intenso, per il maggior tempo possibbile.

Dentro il nostro corpo. Introduzione all'allenamento:

L’allenamento della resistenza è basato sulla possibilità di produrre, attraverso particolari stress fisici, alcuni adattamenti dei meccanismi dell’organismo umano volti alla produzione di energia metabolica. La molecola più utilizzata per la produzione di energia è l’ATP (adenosin trifosfato), ma esiste anche il GTP (guanosin trifosfato): in seguito al distacco di un fosfato dalle precedenti molecole, con produzione di ADP (adenosin difosfato) o GDP (guanosin difosfato) a seconda dei casi, si riesce a ottenere energia.

Vediamo ora quali sono i meccanismi attraverso cui si può ottenere questo effetto: sono in tutto tre, di cui uno aerobico e due anaerobici, l’anaerobico lattacido e l’anaerobico alattacido. Il primo, come suggerisce la stessa parola "aerobico", necessita per la produzione di energia il consumo di ossigeno, mentre gli altri due non si servono di ossigeno per la produzione di energia. Nel meccanismo anaerobico lattacido, oltre alla produzione di energia, si finisce per produrre anche del lattato (o acido lattico) al livello del distretto muscolare che si contrae, il quale, sebbene possa influenzare minimamente in modo positivo la capacità di resistere alla sforzo, lo influenza, sotto altri aspetti, molto più grandemente in modo negativo1. L’anaerobico alattacido, infine, non implica la produzione di lattato, ma la produzione di un metabolita non tossico ma inutile: la creatinina.

Vediamo ora, più in dettaglio, in che cosa consistono questi meccanismi. Il meccanismo aerobico non è altro che una reazione di combustione in cui il combustibile è l’idrogeno e il comburente è l’ossigeno. L’ossigeno si estrae dall’aria circostante attraverso la respirazione polmonare (poi, via sangue, raggiunge il distretto in cui è necessario per la produzione di energia). L’idrogeno invece si estrae dagli alimenti, i quali, per definizione, sono costituiti da carboidrati (anche detti zuccheri o glucidi), da grassi (o lipidi) e da proteine (o protidi). Ora, per quanto riguarda le proteine, queste collaborano, in condizioni fisiologiche, solo in minima parte alla fornitura di idrogeno per la produzione di energia metabolica. In gran parte, vengono utilizzate per questo scopo esclusivamente quando mancano le altre due fonti.

Per quel che riguarda i carboidrati, l’unico zucchero da cui si può trarre l’idrogeno è il glucoso, uno zucchero semplice, il quale o si trova a circolare nel sangue o si trova all’interno dei muscoli e del fegato sottoforma di glicogeno, una riserva di glucoso che viene mobilizzata in caso di occorrenza (il glicogeno che si trova in sede epatica si scinde in glucoso che viene rilasciato in circolo in circolo in modo da permettergli di raggiungere il distretto in cui necessita. Il muscolo invece lo utilizza esclusivamente per se stesso nel caso in cui gli fosse necessario). Tutti gli altri zuccheri, prima di poter essere utilizzati per la produzione di energia devono necessariamente essere prima trasformati in glucoso. Dal glucoso, attraverso una complessa sequenza di reazioni chimiche chiamata glicolisi, si ricava una struttura chimica il cui nome è piruvato (o acido piruvico). Dal glicogeno, attraverso un altro processo chimico noto come glicogenolisi, si riesce a ricavare una molecola detta glucoso-6-fosfato, che è un prodotto intermedio della glicolisi. Dal glucoso-6-fosfato, poi, si ricava il piruvato seguendo lo stesso processo della glicolisi. A questo punto, il piruvato viene utilizzato per la produzione di un’altra molecola, nota come acetilCoA (acetil coenzima A), che prende parte ad un’altra complessa serie di reazioni chimiche nota come ciclo dell’acido citrico o ciclo di Krebs, il cui obbiettivo finale è, appunto, quello di produrre l’energia metabolica.

Vediamo ora come si estrae l’idrogeno dai lipidi: i lipidi seguono una via differente rispetto a quella dei glucidi. Questa via, nonché un’altra sequenza di reazioni chimiche, è detta b-ossidazione (beta ossidazione). I lipidi da cui si ricava energia sono i trigliceridi (o triacilgliceroli). Dalla b-ossidazione si ricava direttamente l’acetilCoA, che può entrare nel ciclo dell’acido citrico. Ma in che cosa consiste il ciclo di Krebs? Il ciclo di Krebs è una sequenza di reazioni chimiche che ha come scopo quello di produrre una combustione controllata (se infatti il processo di combustione non fosse controllato, l’energia che si verrebbe a produrre sarebbe tale da danneggiare la cellula entro cui la reazione avviene): l’idrogeno, il combustibile, viene ceduto, via via, ad accettori sempre più affini sino a raggiungere l’ossigeno, il comburente. In particolare spicca il ruolo di alcune molecole trasportatrici di idrogeno: NAD (nicotinamide adenin dinucleotide) e FAD (flavin adenin dinucleotide). Una volta che l’idrogeno raggiunge l’ossigeno, la reazione di combustione può avvenire. Oltre all’energia metabolica si producono, per ogni ciclo, anche una molecola di anidride carbonica (CO2) e una molecola di acqua (H2O).

Parliamo ora del meccanismo anaerobico lattacido. Questo si attiva qualora non fosse disponibile una quantità di ossigeno tale da permettere a tutto l’idrogeno presente sui trasportatori di essere scaricato. In questo caso si accumulano NADH e FADH2, ovvero NAD e FAD nella loro forma ridotta, con l’idrogeno legato, cosa questa che blocca la glicolisi, il ciclo di Krebs e la b-ossidazione. E’ una situazione che si può verificare per diversi motivi, ma, sostanzialmente, parlando di una condizione fisiologica, si verifica quando si richiede al muscolo uno sforzo troppo intenso e prolungato perché il meccanismo aerobico riesca a provvedere una quantità di ossigeno sufficiente.

E’ qui che entra in gioco il concetto di Soglia anaerobica: la Soglia anaerobica è quell’intensità di lavoro a cui si produce e si accumula una quantità di lattato tale che al livello ematico raggiunga la quantità di 4mM durante prove di intensità progressivamente crescente. E’ quando l’intensità di lavoro raggiunge la Soglia anaerobica che si attiva pienamente il meccanismo anaerobico lattacido.

Il meccanismo anaerobico lattacido consiste di un’unica reazione che vede la trasformazione del piruvato in lattato con conseguente riformazione di NAD. In altre parole si scarica l’idrogeno sullo stesso prodotto della glicolisi, l’acido piruvico, che diviene acido lattico. Il NAD che si ottiene viene nuovamente impiegato per far funzionare i suddetti meccanismi. Ora, il lattato, come già detto, è una molecola che non fa comodo all’atleta. Questa deve, in qualche modo, essere smaltita. Esiste un meccanismo apposito per lo smaltimento del lattato detto ciclo muscolo-fegato di Cori: il lattato prodotto all’interno del muscolo viene liberato lentamente in circolo, raggiunge il fegato via sangue e in questa sede viene nuovamente trasformato in piruvato con una reazione inversa rispetto a quella avvenuta nel muscolo. L’enzima2 che catalizza questa reazione è lo stesso, ovvero la LDH (lattatodeidrogenasi). L’acido piruvico prodotto a livello epatico viene utilizzato dal fegato per altre reazioni.

Infine il meccanismo anaerobico alattacido. Questo meccanismo si serve di una molecola detta fosfocreatina. Il meccanismo funziona distaccando un fosfato dalla fosfocreatina, che si degrada spontaneamente in creatinina, e cedendolo all’ADP. Questa, quindi, diviene ATP. Al termine del lavoro occorre rifosforilare la creatina, cosa che avviene a spese di un'altra molecola di ATP in condizioni di riposo, o, comunque, di aerobiosi. In questo modo si sarà nuovamente pronti per affrontare uno sforzo ricorrendo al meccanismo anaerobico alattacido.

Allenamento sulla resistenza:

Mettiamo subito in chiaro una cosa. Un artista marziale, non è un maratoneta. Perciò Bisognerebbe non esagerare più del dovuto, soprattutto perchè un eccessivo allenamento sulla resistenza inciderà negativamente su forza e velocità.

"Traggo un frammento di articolo tratto da Black Dragons il quale rende al meglio il concetto:"

Migliorare la resistenza organica significa soprattutto allenare l’apparato cardio-circolatorio e respiratorio.
Pertanto correre a piedi su all'aria aperta o su tapis roulant, nuotare, pedalare sulla bici o sulla cyclette, sciare, vogare o remare, ecc., sono solo dei mezzi diversi attraverso i quali si può raggiungere un unico fine, ovvero migliorare la capacità di resistenza del proprio corpo.
Da ricordare invece, è l'alta specificità della resistenza: questa infatti risulta limitata agli esercizi che vengono abitualmente effettuati. Ad esempio un maratoneta, capace di correre per 42 km in meno di 8-10 ore, non potrà percorrere un centinaio di km su una bici in poche ore, come svolgono abitualmente i ciclisti professionisti in una seduta di allenamento! Questo fenomeno viene definito "specificità di resistenza".

Allenarsi nella CORSA


Esistono essenzialmente due modalità:
1) Allenamento per un tempo prestabilito (mediamente 45-60 minuti) con alternanza di sforzo: si effettua un'esercitazione con intensità pari al 70% della frequenza cardiaca massima alternandola con una di minor impegno (es.: corsa e passo).
2) Allenamento per un tempo prestabilito con intensità costante corrispondente al 60% della frequenza cardiaca massima.
Secondo il Prof. E. Arcelli, esperto di fama internazionale, nel rapido passaggio dal passo alla corsa e viceversa, ovvero da una intensità di quasi riposo ad una nettamente più elevata, l’apparato cardiocircolatorio viene sottoposto ad uno shock vero e proprio, shock che si ripete tante volte per quante volte si riprende o si interrompe la corsa.
Quindi il metodo di "Allenamento con alternanza di sforzo" dovrebbe essere evitato da quelle persone che non effettuano attività fisica regolare.

Allenamento per un tempo prestabilito con alternanza tra impegno e recupero attivo
Prima settimana:
- alternare, per un totale di 60 minuti, 5 minuti di attività blanda (es.: di passo più o meno veloce) con 30-60 secondi di attività con intensità costante al 60% della frequenza cardiaca massima (es.: corsa). Eseguire almeno 3 volte nella settimana.
Nelle settimane che seguono:
- ogni settimana, in relazione alla condizione fisica che si ritiene di aver raggiunto, si possono aggiungere progressivamente 30-60 secondi all’impegno tra il 60-65% della frequenza cardiaca massima, fino a raggiungere i 5 minuti, mantenendo sempre l’alternanza con i 5 minuti di attività blanda.
Proseguendo nel tempo, ogni settimana si può diminuire di 30-60 secondi l’attività blanda e di altrettanti 30-60 secondi si può aumentare l’attività con impegno tra il 60-70% della frequenza cardiaca massima.
È necessario, comunque, mantenersi sempre nei limiti delle proprie capacità del momento.
Le indicazioni date non vanno applicate rigidamente. A volte, una stessa metodologia può essere applicata anche per più settimane di seguito senza dover necessariamente ritoccare il tempo dedicato all’attività blanda o a quella più impegnativa.

Allenamento con impegno continuo per un tempo prestabilito
Senza soluzione di continuità, l’attività fisica prescelta rimane costante al 60% della frequenza cardiaca massima per tutto il tempo prestabilito.
Riportiamo un esempio riferito alla corsa (proposto da E. Arcelli), che può essere adottato anche per la bicicletta, sci, nuoto, ecc.

Giunto il momento in cui si è in grado di effettuare in maniera continuativa circa un’ora d’attività con impegno tra il 60-65% della frequenza cardiaca massima, giunge il momento delle scelte, ovvero del perché continuare nel tempo col nostro impegno.
Normalmente le risposte sono due:
1) Semplicemente per la salute;
2) Per effettuare delle gare.
Nel primo caso non occorre ricercare una tabella o una metodologia sofisticata.
Continuando sempre a correre con la stessa intensità l’obiettivo è, in pratica, raggiunto. È solo necessario mantenere il risultato acquisito. L’unico intervento utile è l’aumento del tempo da dedicare settimanalmente all’attività fisica. La capacità di prevenzione, infatti, per le malattie legate all’apparato cardiocircolatorio è direttamente proporzionale alla spesa energetica legata all’attività fisica svolta.
Nel secondo caso la proposta di un serio ed efficace programma di allenamento può essere attuata solo se si hanno conoscenze specifiche sull'argomento, di modo da colmare le proprie lacune.

Introduzione all'Allenamento Fisico


Analisi dei requisiti richiesti nel tuo sport
Primo passo: devi identificare i requisiti specifici dello sport che pratichi o che vuoi praticare. Questa analisi ti porterà ad identificare le abilità motorie specifiche (velocità, forza, resistenza, potenza, flessibilità, ecc..) del tuo sport. Non solo, ti porterà ad identificare le tue abilità motorie specifiche. Una volta identificate, devi passare al secondo step.

Allenamento delle abilità motorie predominanti

Per allenare e migliorare le abilità motorie, hai bisogno di progettare e strutturare il tuo piano di allenamento, in modo tale da sollecitare gli adattamenti specifici di una sola abilità motoria alla volta, mentre le altre vengono allenate ad un livello di mantenimento. Non pensare che sia semplice. Il carico di lavoro richiesto per creare un pur minimo guadagno è così elevato, che,anche il semplice mantenimento delle altre abilità motorie, è di per sé una sfida. Se sei un combattente, un pugile ad esempio, devi essere potente, resistente, resistente alla velocità, mobile ed esplosivo.
In una teorico programma di ricondizionamento e di miglioramento dei livelli di forza dovresti incominciare con:
-Forza funzionale di base (leggere "Making the client bulletproof").
-Fase di forza specifica, dedicata ad esercizi che sollecitino la resistenza ai movimenti tipici del tuo sport da combattimento (ad esempio tirare pugni). Oltre all'allenamento di forza specifica, dovresti anche mantenere i tuoi livelli di forza funzionale.
-Fase di velocità dedicata allo sviluppo della resistenza alla velocità. Ricordati che la velocità d'esecuzione non deve andare a detrimento della tecnica d'esecuzione. Forza funzionale e forza specifica sono a livello di mantenimento.
-Fase di potenza specifica, combinando tra loro forza specifica e velocità. Idealmente, dovresti eseguire delle sessioni di pliometria specifica (leggi l'articolo:" Increase your punching power). L'obiettivo di questa fase è l'utilizzo di specifici pliometrici specifici per migliorare sia la forza che la velocità. La potenza così acquisita verrà poi raffinata mediante l'uso di guanti da passata e sacco. Le altre abilità motorie devono essere allenate a livelli di mantenimento.
-Fase di condizionamento mirato, con l'impiego di esercizi mirati per l'aumento tua soglia aerobica ed anaerobica (leggi l'articolo "Fighting Fit"). Come sempre, le altre abilità sono vengono allenate al livello di mantenimento.
Piccolo promemoria: nella boxe come per gli altri sport da combattimento, non esiste l'off season. Non trascurare mai gli allenamenti tecnici, mai.
In prossimità del combattimento, circa 6 settimane, dovresti diminuire il lavoro sulla resistenza (molti combattenti lo tagliano del tutto) per concentrarti sul lavoro tecnico e di condizionamento.
Ad una settimana circa dal match dovresti diminuire tutti i carichi di lavoro, per permettere al tuo corpo di super compensare. Riposo e leggere sessioni di sparring diventano prioritari. L'obiettivo è quello di rifinire le tue abilità motorie.
Dopo il combattimento, tu ed il tuo allenatore dovreste analizzare il match per individuare i punti deboli sia tecnici che fisici. Da questa analisi deve scaturire la successiva pianificazione degli allenamenti.
Ricordati un punto nodale: allenare tutte le proprie abilità contemporaneamente è possibile. Voler migliorare contemporaneamente tutte le proprie abilità è impossibile. Finiresti con il bruciarti, con l'andare in sovrallenamento. Sii paziente, sii intelligente. Sviluppa una sola abilità alla volta mentre lotti per mantenere a dei livelli eccellenti tutte le altre. Lavora sui tuo punti deboli senza mollare mai.

Volume ed intensità

Il volume e l'intensità dell'allenamento sono legate da una relazione inversamente proporzionale:
Un elevato volume di allenamento implica una bassa intensità d'allenamento.
Un'elevata intensità di allenamento implica un basso volume di allenamento.
Un volume medio di allenamento corrisponde ad un'intensità d'allenamento media.
Se si eleva una di queste variabili di allenamento, si crea un elevato stress allenante che comporta importanti processi di adattamento. Oltre al rischio di infortunarsi, l'accumulo di fatica richiede lunghi periodi di recupero. Ciò può interferire con la sequenza degli allenamenti, vanificando di fatto l'efficacia delle sessioni allenanti quanto meno nel brevissimo periodo (microciclo).

Volume ed intensità in un piano d'allenamento settimanale

Il carico d'allenamento settimanale richiede almeno una sessione allenante ad alta intensità e basso volume per mantenere i livelli delle abilità motorie. Lo scopo dovrebbe essere quello di raggiungere, se non superare i record personali stabiliti in precedenza. L'abilità motoria specifica che si vuole sviluppare nel mesociclo di allenamento (circa 4/6 settimane) richiede 2-4 sessioni di allenamento per microciclo così strutturate: una sessione ad alta intensità e 2 a media intensità, oppure una sessione ad lata intensità e 3 sessioni allenanti a media e bassa intensità. Facciamo un esempio. Supponiamo che l'abilità motoria da sviluppare sia il condizionamento. Lo schema di allenamento potrebbe essere più o meno il seguente:
Sessione ad alta intensità per la forza funzionale.
Sessione ad alta intensità per la forza specifica.
Sessione ad alta intensità per la velocità.
Sessione ad alta intensità per la potenza.
Sessione a bassa intensità per il condizionamento.
Sessione a media intensità per il condizionamento.
Sessione ad alta intensità per il condizionamento.
Molti coach purtroppo non modulano l'intensità delle sessioni di allenamento, specie quelle dedicate alla tecnica di combattimento. Il risultato è che al programma sopraesposto vengono aggiunte dalle 3 alle 5 sessioni di allenamento specifico ad alta intensità. Il carico per microciclo arriva così a quota 10, 12 sessioni. Decisamente troppo elevato.

Volume ed intensità per singola sessione allenante

La relazione inversa tra volume ed intensità si applica ad ogni singola sessione di allenamento. Poiché il nostro combattente ha un minimo di 5 sessioni allenanti ad elevata intensità per microciclo ci si deve assicurare che il lavoro di mantenimento sia pari al volume minimo per non perdere le abilità acquisite. Ciò vale sia per la struttura del microciclo, sia per la struttura di ogni singola sessione allenante. Tutto ciò si traduce nel corretto rapporto tra volume, numero di serie ed intervalli per ogni singolo esercizio o drill. Analogo ragionamento vale anche per le serie di riscaldamento.




"Articolo di Leith Darkin tratto da http://www.rawtraining.com/"

La via del Guerriero


In tutti gli uomini è presente una carica di aggressività che altro non è che una manifestazione dell'istinto di sopravvivenza; se questo potenziale aggressivo viene costretto o limitato può sfociare in alienazione individuale o, ancor peggio, collettiva. Nel passato, in Oriente alcuni maestri hanno elaborato, traendoli da antiche tecniche guerriere, dei metodi per disciplinare questa aggressività, ritualizzandola attraverso stilizzazioni e tecniche simboliche, creando scuole o discipline atte a consentire il raggiungimento dell'autocontrollo e dell'equilibrio psico-fisico. La sopravvivenza del guerriero è legata alla sua capacità di adattarsi, deve essere in grado di trasformare qualsiasi avvenimento a suo vantaggio, deve attivare verso la vita un atteggiamento rivoluzionario e magico. La vera guerra è contro i nemici interiori: l'odio, la disperazione, l'invidia. Il guerriero ha il coraggio di affrontare i draghi interiori, che lo mettono in grado di affrontare quelli esteriori con intelligenza, autodisciplina e saggezza.La pratica del tai chi chuan, e il suo studio è da compiere per stadi, senza voler bruciare le tappe con costanza e umiltà, aspettando che la natura faccia il suo corso e che i cambiamenti avvengano spontaneamente. Salendo una scala bisogna far attenzione a ogni singolo piolo senza saltarne nemmeno uno, così sì è consapevoli della salita e non si avrà dubbi nel percorrerla. Lo sviluppo di ognuno di noi procede per stadi, restando troppo a lungo a un certo livello, la nostra crescita risulterà stentata, mentre se ci affrettiamo a superarlo non si trarrà insegnamento dalla esperienza del momento. Dunque una crescita non equilibrata costringendoci a tornare sui nostri passi per rimediare. Cercare di discernere i vari stadi della vita riconoscendo il passaggio da una fase all’altra è importante come nel gong fu (kung fu) (abilità ottenuta con sacrificio e dedizione nel tempo) va fatto sempre e solo un passo alla volta ad ogni età il giusto metodo e i giusti obiettivi. Il riconoscimento è un fattore prezioso. La pratica non può ridursi a una mera ripetizione, meccanica, sterile e vuota di esercizi e posture, la forma stessa pur essendo sempre la solita risulta diversa alla percezione; eseguendola si è in grado, ascoltandosi, di cogliere sottili sfumature piccoli ma importanti cambiamenti, sapori sempre nuovi.L’intenzione è nella pratica (gong fu) non nel risultato. Non posso imparare più di quello che sto facendo. Perché non serve a niente. La pratica deve essere vissuta in pieno non deve trasformarsi in consuetudine, non deve essere idealizzata o descritta va VISSUTA in primis, essendo disposti a cambiare pelle, vestito, identità, rinunciando a se stessi facendo cadere ogni illusione. Molto importante è l’empatia allievo/insegnante, l’allievo deve cercare di mantenere lo stupore evitando di finire nell’abitudine con una giusta attenzione e spirito critico, l’insegnante deve essere sincero e costante nella sua pratica personale quotidiana senza troppe teorie, con tranquillità senza segreti, quello che è in quel momento, consapevole della inevitabile trasformazione nel tempo. Mantenendo quieta la mente restando saldamente ancorati al centro con consapevolezza, trascendendo lo stato di schiavitù in cui siamo relegati dalle percezioni, cosi si potrà penetrare la realtà in modo adeguato e proseguire la pratica (gong fu) armonicamente.




"Articolo tratto da www.t-a-o.it"

Una preparazione e un pensiero adeguati...


Ogni disciplina marziale dovrebbe esser integrata con un allenamento ben preciso, allo scopo di migliorar corpo e mente, oltre i limiti comuni. Al di fuori dello sport da combattimento, e andando a parlare sia degli amatori dell'arte che la praticano non come sport, ma come stile di vita e autodifesa, la preparazione è fondamentale.

Devono esser allenato, non solo il fisico, ma anche la mente, in modo che il praticante sia pronto a qualsiasi situazione. Ho visto maestri far lavorare i propri allievi unicamente su aplicazioni, senza svelare loro i principi, altri focalizzarsi sulle forme, senza andare quasi in alcun modo alla pratica. Entrambi hanno torto e commesso il solito dannatissimo errore che molti come me evidenziano da anni. EQUILIBRIO e COMPLETEZZA, queste sono le parole chiave, un praticante di arti marziali deve esser completo e non focalizzarsi su un tipo di allenamento, esso dovrà conoscer i principi della propria arte, ma dovrà anche saperli metter in pratica, CON EFFICACIA. E l'efficacia sarà data sia dalla pratica costante, ma anche dalla sua prearazione fisica. Come scrivono molti altri, è impossibbile tener testa ad un aggressore senza una preparazione fisica adeguata.Solo pensar che lo stato psicologico di un enorme stress improvviso sfianca il fisico quasi come uno scatto di corsa lungo venti metri. Il fiato si accorcia e la vista si annebbia.
Perciò non bisogna unicamente focalizzarsi sulla tecnica, se poi viene dificile metterla in pratica in situazioni reali. Un buon combattente deve avere Tecnica, Forza, Resistenza, queste sono le chiavi per uscir vivo da un aggressione. E di queste scriverò in altri post. Non consiglierò quale arte è meglio praticare, poichè ogniuno sceglierà sulla base delle proprie caratteristiche, fisiche e psicologiche, quela che più lo identifica. La scelta non è solo rivolta all'arte, ma anche "a chi insegna l'arte". Un maestro competente avrà alievi competenti. Un bravo istruttore (rimanendo in ambito di autodifesa), dovrà insegnar oltre alla tecnica, anche il rispetto, la dedizione, e lo spirito di sacrifico ai propri alievi, per evitar che questi, siano gli aggressori e non le vittime. Un maestro dovrebbe tramandar e prediliger esso stesso l'umiltà.
Mi è capitato di assister a lezioni in cui gli istruttori insultavan le altre arti marziali (cosa molto comune, del resto ogniuno tira l'acqua al proprio mulino), senza conoscer nulla di queste; ridicolizzar una preparazione fisica adeguata, con frasi del tipo "non siamo bodybuilder!; Non serve a un cazzo!Non devi esser muscoloso per difenderti!" Ovviamente in queste parole si nasconde tutta l'ignoranza di quelle persone a cui molta gente si affida al giorno d'oggi, per questo reputo più difficile sceglier un buon maetro, piuttosto che sceglier un arte marziale.
La scelta spetta solo a voi, prendervi per il culo da soli, o tirar fuori le palle e sputar sangue per prepararvi veramente!

La Nostra Strada

Non ho mai creduto che ogni persona nasca con uno scopo prefissato, e credo che neanche voi lo pensiate. Siamo noi a decider il nostro percorso e spesso la nostra strada è imprevedibile, spesso diventiamo il contrario di ciò che pensavamo di essere, in meglio o in peggio. Crescendo i nostri sogni cambiano, o pure i sogni che credevamo di aver dimenticato, riaffioran pian piano e diventano lo scopo della nostra esistenza.
La via che un guerriero decide di percorrer non è ne la via più facile ne la più difficile, ma la via più "semplice". Non confondete il semplice con il facile, il secondo sta a significare una via senza sacrificio, dove tutto è già pronto, e in questo mondo l'animo umano non cresce, e si crea uno "stallo mentale" del nostro io. Sono le sofferenze che acrescono l'uomo, i sacrifici; le nostre gioie sono dei momenti di pausa. La via semplice invece è la via della rinuncia, l'essere si libera di tutto quel che è superfluo "semplificando" la sua esistenza per raggiunger il suo vero io, quello primordiale. Cosi come nella vita reale questo si applica ad ogni caso della nostra vita, cosi come nelle Arti Marziali.
Molti dagli anni 60 ad oggi hanno enfatizzato questo messaggio e molti erroneamente (come del resto capita per tutto ormai) hanno confuso e modificato il messaggio. Molte arti marziali hanno raggiunto il culmine modificando totalmente la propria filosofia, e molti "Istruttori" che si definiscono tali poichè possiedono il loro bel pezzettino di carta appeso al muro, più che insegnare la loro arte a chi veramente vive per questo, trasmettendo loro la passione e la volontà di proseguirla nel tempo; scelgono invece la via più facile, far apparire la disciplina marziale una non disciplina, un oretta in cui si scherza e si ride in palestra fra amici, prestando attenzione solamente agli amichetti che vengono a lezione piuttosto che a quelle persone veramente innamorate dello stile o arte praticata.
Credo che anche tu che ora leggi almeno una volta abbia provato la frustrazione di veder la gente che và avanti perchè amica dell'amico, e tu nel mentre rimani li, fermo e frustrato, non perchè non hai passione, ma semplicemente perchè non assecondi il pensiero di qualcuno, o non ti abbassi a questo.
Bè non perderti d'animo poichè come detto prima, sono queste cose che fanno screscere la nostra forza, la nostra è la via più semplice, la loro è la più facile.
E a distranza di mesi, o forse anni vedremo chi avra raggiunto i propri obbiettivi.

L'arte

Sudore, sofferenza, sacrificio. Queste sono "le tre S" fondamentali per conseguire i risultati che tutti noi sognamo nella vita di ogni giorno, che tu sia un combattente o meno.
Che tu pratichi un Arte Maziale o meno, quando sei disposto a qualunque rinuncia, a qualunque prezzo per portare avanti quello in cui credi, sarai considerato un guerriero.
Nel 2009 sono poche le persone che posson considerarsi tali, l'ozio e il vizio sono nascosti ovunque, ma se uno veramente apre gli occhi, può conoscer un mondo migliore di quello che ora vediamo, ma questa è una cosa che và fatta per conto proprio, senza che nessun fattore esterno influenzi i nostri sogni.
Un caldo benvenuto a tutti i visitatori del blog. Questo spazio è nato non per esser il solito sito dove si trovan nozioni di arti marziali e di allenamento fisico, punta invece verso la passione e la forza di volontà impigata per affrontarli oltre alla pratica.
Vi raccomando di lasciar consigli e commenti, la critica costruttiva è sempre ben gradita!