martedì 21 aprile 2009

Allenamento sulla resistenza


Quando dei contrastare un aggressore, e spesso sono più di uno, per riuscire a sopravvivere, è necessaria una buona preparazione che comprende diverse conoscenze. Una di queste, e la prima, è un ottima conoscenza tecnica. Oltre a questa, si rendono necessarie anche delle qualità atletiche come la forza, la resistenza, tempismo e velocità.

La resistenza non è altro che la capacità di mantenere uno sforzo più o meno intenso, per il maggior tempo possibbile.

Dentro il nostro corpo. Introduzione all'allenamento:

L’allenamento della resistenza è basato sulla possibilità di produrre, attraverso particolari stress fisici, alcuni adattamenti dei meccanismi dell’organismo umano volti alla produzione di energia metabolica. La molecola più utilizzata per la produzione di energia è l’ATP (adenosin trifosfato), ma esiste anche il GTP (guanosin trifosfato): in seguito al distacco di un fosfato dalle precedenti molecole, con produzione di ADP (adenosin difosfato) o GDP (guanosin difosfato) a seconda dei casi, si riesce a ottenere energia.

Vediamo ora quali sono i meccanismi attraverso cui si può ottenere questo effetto: sono in tutto tre, di cui uno aerobico e due anaerobici, l’anaerobico lattacido e l’anaerobico alattacido. Il primo, come suggerisce la stessa parola "aerobico", necessita per la produzione di energia il consumo di ossigeno, mentre gli altri due non si servono di ossigeno per la produzione di energia. Nel meccanismo anaerobico lattacido, oltre alla produzione di energia, si finisce per produrre anche del lattato (o acido lattico) al livello del distretto muscolare che si contrae, il quale, sebbene possa influenzare minimamente in modo positivo la capacità di resistere alla sforzo, lo influenza, sotto altri aspetti, molto più grandemente in modo negativo1. L’anaerobico alattacido, infine, non implica la produzione di lattato, ma la produzione di un metabolita non tossico ma inutile: la creatinina.

Vediamo ora, più in dettaglio, in che cosa consistono questi meccanismi. Il meccanismo aerobico non è altro che una reazione di combustione in cui il combustibile è l’idrogeno e il comburente è l’ossigeno. L’ossigeno si estrae dall’aria circostante attraverso la respirazione polmonare (poi, via sangue, raggiunge il distretto in cui è necessario per la produzione di energia). L’idrogeno invece si estrae dagli alimenti, i quali, per definizione, sono costituiti da carboidrati (anche detti zuccheri o glucidi), da grassi (o lipidi) e da proteine (o protidi). Ora, per quanto riguarda le proteine, queste collaborano, in condizioni fisiologiche, solo in minima parte alla fornitura di idrogeno per la produzione di energia metabolica. In gran parte, vengono utilizzate per questo scopo esclusivamente quando mancano le altre due fonti.

Per quel che riguarda i carboidrati, l’unico zucchero da cui si può trarre l’idrogeno è il glucoso, uno zucchero semplice, il quale o si trova a circolare nel sangue o si trova all’interno dei muscoli e del fegato sottoforma di glicogeno, una riserva di glucoso che viene mobilizzata in caso di occorrenza (il glicogeno che si trova in sede epatica si scinde in glucoso che viene rilasciato in circolo in circolo in modo da permettergli di raggiungere il distretto in cui necessita. Il muscolo invece lo utilizza esclusivamente per se stesso nel caso in cui gli fosse necessario). Tutti gli altri zuccheri, prima di poter essere utilizzati per la produzione di energia devono necessariamente essere prima trasformati in glucoso. Dal glucoso, attraverso una complessa sequenza di reazioni chimiche chiamata glicolisi, si ricava una struttura chimica il cui nome è piruvato (o acido piruvico). Dal glicogeno, attraverso un altro processo chimico noto come glicogenolisi, si riesce a ricavare una molecola detta glucoso-6-fosfato, che è un prodotto intermedio della glicolisi. Dal glucoso-6-fosfato, poi, si ricava il piruvato seguendo lo stesso processo della glicolisi. A questo punto, il piruvato viene utilizzato per la produzione di un’altra molecola, nota come acetilCoA (acetil coenzima A), che prende parte ad un’altra complessa serie di reazioni chimiche nota come ciclo dell’acido citrico o ciclo di Krebs, il cui obbiettivo finale è, appunto, quello di produrre l’energia metabolica.

Vediamo ora come si estrae l’idrogeno dai lipidi: i lipidi seguono una via differente rispetto a quella dei glucidi. Questa via, nonché un’altra sequenza di reazioni chimiche, è detta b-ossidazione (beta ossidazione). I lipidi da cui si ricava energia sono i trigliceridi (o triacilgliceroli). Dalla b-ossidazione si ricava direttamente l’acetilCoA, che può entrare nel ciclo dell’acido citrico. Ma in che cosa consiste il ciclo di Krebs? Il ciclo di Krebs è una sequenza di reazioni chimiche che ha come scopo quello di produrre una combustione controllata (se infatti il processo di combustione non fosse controllato, l’energia che si verrebbe a produrre sarebbe tale da danneggiare la cellula entro cui la reazione avviene): l’idrogeno, il combustibile, viene ceduto, via via, ad accettori sempre più affini sino a raggiungere l’ossigeno, il comburente. In particolare spicca il ruolo di alcune molecole trasportatrici di idrogeno: NAD (nicotinamide adenin dinucleotide) e FAD (flavin adenin dinucleotide). Una volta che l’idrogeno raggiunge l’ossigeno, la reazione di combustione può avvenire. Oltre all’energia metabolica si producono, per ogni ciclo, anche una molecola di anidride carbonica (CO2) e una molecola di acqua (H2O).

Parliamo ora del meccanismo anaerobico lattacido. Questo si attiva qualora non fosse disponibile una quantità di ossigeno tale da permettere a tutto l’idrogeno presente sui trasportatori di essere scaricato. In questo caso si accumulano NADH e FADH2, ovvero NAD e FAD nella loro forma ridotta, con l’idrogeno legato, cosa questa che blocca la glicolisi, il ciclo di Krebs e la b-ossidazione. E’ una situazione che si può verificare per diversi motivi, ma, sostanzialmente, parlando di una condizione fisiologica, si verifica quando si richiede al muscolo uno sforzo troppo intenso e prolungato perché il meccanismo aerobico riesca a provvedere una quantità di ossigeno sufficiente.

E’ qui che entra in gioco il concetto di Soglia anaerobica: la Soglia anaerobica è quell’intensità di lavoro a cui si produce e si accumula una quantità di lattato tale che al livello ematico raggiunga la quantità di 4mM durante prove di intensità progressivamente crescente. E’ quando l’intensità di lavoro raggiunge la Soglia anaerobica che si attiva pienamente il meccanismo anaerobico lattacido.

Il meccanismo anaerobico lattacido consiste di un’unica reazione che vede la trasformazione del piruvato in lattato con conseguente riformazione di NAD. In altre parole si scarica l’idrogeno sullo stesso prodotto della glicolisi, l’acido piruvico, che diviene acido lattico. Il NAD che si ottiene viene nuovamente impiegato per far funzionare i suddetti meccanismi. Ora, il lattato, come già detto, è una molecola che non fa comodo all’atleta. Questa deve, in qualche modo, essere smaltita. Esiste un meccanismo apposito per lo smaltimento del lattato detto ciclo muscolo-fegato di Cori: il lattato prodotto all’interno del muscolo viene liberato lentamente in circolo, raggiunge il fegato via sangue e in questa sede viene nuovamente trasformato in piruvato con una reazione inversa rispetto a quella avvenuta nel muscolo. L’enzima2 che catalizza questa reazione è lo stesso, ovvero la LDH (lattatodeidrogenasi). L’acido piruvico prodotto a livello epatico viene utilizzato dal fegato per altre reazioni.

Infine il meccanismo anaerobico alattacido. Questo meccanismo si serve di una molecola detta fosfocreatina. Il meccanismo funziona distaccando un fosfato dalla fosfocreatina, che si degrada spontaneamente in creatinina, e cedendolo all’ADP. Questa, quindi, diviene ATP. Al termine del lavoro occorre rifosforilare la creatina, cosa che avviene a spese di un'altra molecola di ATP in condizioni di riposo, o, comunque, di aerobiosi. In questo modo si sarà nuovamente pronti per affrontare uno sforzo ricorrendo al meccanismo anaerobico alattacido.

Allenamento sulla resistenza:

Mettiamo subito in chiaro una cosa. Un artista marziale, non è un maratoneta. Perciò Bisognerebbe non esagerare più del dovuto, soprattutto perchè un eccessivo allenamento sulla resistenza inciderà negativamente su forza e velocità.

"Traggo un frammento di articolo tratto da Black Dragons il quale rende al meglio il concetto:"

Migliorare la resistenza organica significa soprattutto allenare l’apparato cardio-circolatorio e respiratorio.
Pertanto correre a piedi su all'aria aperta o su tapis roulant, nuotare, pedalare sulla bici o sulla cyclette, sciare, vogare o remare, ecc., sono solo dei mezzi diversi attraverso i quali si può raggiungere un unico fine, ovvero migliorare la capacità di resistenza del proprio corpo.
Da ricordare invece, è l'alta specificità della resistenza: questa infatti risulta limitata agli esercizi che vengono abitualmente effettuati. Ad esempio un maratoneta, capace di correre per 42 km in meno di 8-10 ore, non potrà percorrere un centinaio di km su una bici in poche ore, come svolgono abitualmente i ciclisti professionisti in una seduta di allenamento! Questo fenomeno viene definito "specificità di resistenza".

Allenarsi nella CORSA


Esistono essenzialmente due modalità:
1) Allenamento per un tempo prestabilito (mediamente 45-60 minuti) con alternanza di sforzo: si effettua un'esercitazione con intensità pari al 70% della frequenza cardiaca massima alternandola con una di minor impegno (es.: corsa e passo).
2) Allenamento per un tempo prestabilito con intensità costante corrispondente al 60% della frequenza cardiaca massima.
Secondo il Prof. E. Arcelli, esperto di fama internazionale, nel rapido passaggio dal passo alla corsa e viceversa, ovvero da una intensità di quasi riposo ad una nettamente più elevata, l’apparato cardiocircolatorio viene sottoposto ad uno shock vero e proprio, shock che si ripete tante volte per quante volte si riprende o si interrompe la corsa.
Quindi il metodo di "Allenamento con alternanza di sforzo" dovrebbe essere evitato da quelle persone che non effettuano attività fisica regolare.

Allenamento per un tempo prestabilito con alternanza tra impegno e recupero attivo
Prima settimana:
- alternare, per un totale di 60 minuti, 5 minuti di attività blanda (es.: di passo più o meno veloce) con 30-60 secondi di attività con intensità costante al 60% della frequenza cardiaca massima (es.: corsa). Eseguire almeno 3 volte nella settimana.
Nelle settimane che seguono:
- ogni settimana, in relazione alla condizione fisica che si ritiene di aver raggiunto, si possono aggiungere progressivamente 30-60 secondi all’impegno tra il 60-65% della frequenza cardiaca massima, fino a raggiungere i 5 minuti, mantenendo sempre l’alternanza con i 5 minuti di attività blanda.
Proseguendo nel tempo, ogni settimana si può diminuire di 30-60 secondi l’attività blanda e di altrettanti 30-60 secondi si può aumentare l’attività con impegno tra il 60-70% della frequenza cardiaca massima.
È necessario, comunque, mantenersi sempre nei limiti delle proprie capacità del momento.
Le indicazioni date non vanno applicate rigidamente. A volte, una stessa metodologia può essere applicata anche per più settimane di seguito senza dover necessariamente ritoccare il tempo dedicato all’attività blanda o a quella più impegnativa.

Allenamento con impegno continuo per un tempo prestabilito
Senza soluzione di continuità, l’attività fisica prescelta rimane costante al 60% della frequenza cardiaca massima per tutto il tempo prestabilito.
Riportiamo un esempio riferito alla corsa (proposto da E. Arcelli), che può essere adottato anche per la bicicletta, sci, nuoto, ecc.

Giunto il momento in cui si è in grado di effettuare in maniera continuativa circa un’ora d’attività con impegno tra il 60-65% della frequenza cardiaca massima, giunge il momento delle scelte, ovvero del perché continuare nel tempo col nostro impegno.
Normalmente le risposte sono due:
1) Semplicemente per la salute;
2) Per effettuare delle gare.
Nel primo caso non occorre ricercare una tabella o una metodologia sofisticata.
Continuando sempre a correre con la stessa intensità l’obiettivo è, in pratica, raggiunto. È solo necessario mantenere il risultato acquisito. L’unico intervento utile è l’aumento del tempo da dedicare settimanalmente all’attività fisica. La capacità di prevenzione, infatti, per le malattie legate all’apparato cardiocircolatorio è direttamente proporzionale alla spesa energetica legata all’attività fisica svolta.
Nel secondo caso la proposta di un serio ed efficace programma di allenamento può essere attuata solo se si hanno conoscenze specifiche sull'argomento, di modo da colmare le proprie lacune.

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L'arte

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Nel 2009 sono poche le persone che posson considerarsi tali, l'ozio e il vizio sono nascosti ovunque, ma se uno veramente apre gli occhi, può conoscer un mondo migliore di quello che ora vediamo, ma questa è una cosa che và fatta per conto proprio, senza che nessun fattore esterno influenzi i nostri sogni.
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